Abstract
La piana di Tivoli-Guidonia è un bacino subsidente collocato nel Lazio a ridosso dell’Appennino Centrale, a Nord del Complesso Vulcanico dei Colli Albani. Il bacino è limitato a Nord dai rilievi dei Monti Cornicolani, ad Est dai Monti Lucretili, a Sud dal Fiume Aniene e ad Ovest da rilievi costituiti prevalentemente da terreni marini pliocenici. Fin dall’inizio della subsidenza, datata attorno ai 115.000 anni, sviluppatasi per mezzo di un sistema di faglie ad andamento circa Nord-Sud, è iniziata un’intensa attività idrotermale nell’area, che ha determinato l’accumulo di un importante e continuo deposito di travertino di spessore massimo oltre agli 80 metri. Il flusso idrotermale, ancora oggi attivo, si manifesta attraverso diverse emergenze di acque sulfuree (con temperature di circa 23°C e conducibilità elettrica di circa 3000 μS/cm) localizzate in corrispondenza di punti di risalita dei fluidi endogeni circolanti nel substrato carbonatico confinato (Capelli et al., 1987). Fin dall’epoca romana il travertino (“Lapis Tiburtinus”), ampiamente sfruttato per rivestire la maggior parte dei monumenti dell’Urbe, era stato coltivato esclusivamente nei suoi strati superficiali per la modesta soggiacenza delle acque sotterranee. A partire dal secondo dopoguerra, l’avvento di pompe idrauliche sempre più potenti ha permesso di abbassare la falda acquifera e di approfondire la coltivazione. Attualmente, in seguito all’espansione della vicina Città di Roma a spese delle periferie, la presenza antropica e le attività estrattive e termali nella piana di Tivoli-Guidonia coesistono in un delicato equilibrio. Per fornire un utile strumento di gestione della risorsa idrica in questo contesto, partendo dai numerosi studi condotti negli ultimi 10 anni sulla geologia e sull’idrogeologia locale, e grazie al monitoraggio in continuo dei principali parametri delle acque di falda, è stato realizzato un modello numerico in stato stazionario del sistema idrogeologico della piana delle Acque Albule utilizzando i codici MODFLOW-2005 (Harbaugh, 2005) e UCODE-2005 (Poeter et al., 2005). Il modello, allo stato attuale, permette di valutare possibili effetti sulla superficie piezometrica a seguito del variare delle condizioni sia naturali che antropiche.
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